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Recensioni

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Dopo una pausa meditativa e di profonda riflessione costruttiva, dai risvolti intimisti, la ritrovata e più recente produzione di Renzo Sbolci, poliedrico artista e letterato (pittore e poeta) si è andata accendendo in luminose e policrome opere dove la figurazione, resa essenziale per dinamiche linee sinuosamente mosse, ha avuto valenze simboliche alla ricerca della introspezione più pura.

Composizioni su tavola che richiamano alla mente la vibrazione del disegno Liberty, ma soprattutto la vorticosità della dinamica futurista di un giacomo Balla (anche per la stratificazione su più livelli delle sagome dipinte ed assemblate in una sorta di "pitto-sculture" come in certe realizzazioni di Balla stesso) che talora si stempera in forme più geometricamente composte e dai colori accentuati come nel graficismo del secondo futurismo di un Fortunato Depero. Ma le opere di Sbolci non sottendono ad una cieca ed ottimistica fede nel progresso umano e nel futuro foriero di innovazioni, bensì sono metafore esistenziali dove l'elemento dominante e protagonista assoluto è il pesce, non nella accettazione banale ed accademica di natura morta od elemento naturalistico di incontaminati mari esotici (cioè da mero arredo) ma di simbolo dell'uomo. Uomo inteso come universo interiore, spirito, anima pulsante dell'universo. Il mare, da sempre metafora di vita ed evoluzione della specie, è il contenitore, il teatro entro il quale esiste ed opera l'umanità, il pesce non è altro che l'ombra significante o l'effige dell'anima umana e della sua sacralità. Proprio la parola pesce, in greco ichthùs, è, come si sa, acronimo di " Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore", per questo già assunto come ieratica simbologia dai primi cristiani e destinato a divenire immortale sulle pareti della catacombe. Il suo pesce "solo" è l'anima stessa ferita dal dolore ed illuminata dalla speranza; i due pesci non sono altro che l'incontro, il condividere, lo stare insieme a creare quella solidarietà che è alla base dell'umana società; là, dove infine, i pesci sembrano liberarsi dalla propria forma e tendono ad uscire dai recinti del quadro stanno a simboleggiare la libertà di una rinascita interiore. Una profonda parabola metaforica cui fanno talora da contrappunto frammenti poetici, un viaggio interiore ed interiorizzante alla ricerca delle sorgenti della vita, alle porte ancestrali dell'Anima, del Mondo, della Storia, fatta di tante singole anonime storie. Un percorso tra fede escatologica dai picchi trascendentali ed una immanenza freudiana che rendono talvolta il mare fecondo e ricco di "segni" applicati al loro "positivo" ed al loro "negativo" (oggetti ritagliati, sagome e loro involucro-forma-calco-matrice come in un rilievo di un misterioso alfabeto semiologico di Riccardo Licata). E' il liquido amniotico dove nuotano le anime in un eterno rinascere platonico segnate dalle cicatrici della prova e dal buio del Male, riemergenti dagli abissi e dai fondali verso la Luce come fiori flessuosi o canne al vento delle correnti che aspirano ai Cieli in una laica transustanziazione dai riflessi di una evangelica pesca miracolosa bloccata nei riflessi luminosi di una policroma piombata vetrata gotica.

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Giampaolo Trotta

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