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Recensioni

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L’ASTRATTO REINVENTATO

L’astratto per definizione è territorio solo apparentemente vago e misterioso. L’etimologia della parola latina ci riporta al pensiero profondo, alla “mente rivolta altrove” e intensamente assorta nei pensieri. La nascita dell’astrattismo risale ai primi anni del secolo scorso, ad un altro millennio, ma questo pensiero artistico si confronta tutt’oggi con l’arte concettuale in un dialogo fruttuoso e intenso, come tra madre e figlia, con l’intervento di altri nobili genitori quali per esempio l’arte povera.

Renzo Sbolci ha storia umana e artistica fatta di scelte nitide e coraggiose, pagate consapevolmente con la dignità che distingue gli Artisti di grande onestà intellettuale. Sperimentatore e Artista d’azione, si mette in discussione in modo radicale per non ingannare la sua poetica artistica e il suo pensiero rispettoso nei confronti dell’Arte. Può permettersi di optare per scelte coraggiose e di rottura perché è supportato da una tecnica consolidata e da un pensiero scrupoloso e analitico verso la sua personale visione dell’astratto. Sbolci entra in territori mentali di confine, in cui è necessario superare la propria zona di comfort per immergersi nel magma delle emozioni e delle pulsioni, per trovare nel caos quella via che, sfrondata dalle possibili illusioni, fa nascere dal profondo e dall’analisi dell’io interiore rapportato con la realtà circostante una visione “ordinata” dell’astratto.

Un formale ordine del caos che, emerso dal suo Pensiero-Forma diviene poetica artistica che regala, nelle sue opere, una plasticità e un movimento organicamente esibiti sulle superfici con una costante ricerca della dialettica vuoto-pieno, presenza-assenza, equilibrio-movimento, specchio-simbolismo. Una astrazione evoluta in un linguaggio attualissimo e apparentemente gioioso se non “giocoso”. Un gioco raffinato e intellettualmente delicato che si esprime sulle superfici con una potenza comunicativa che non è possibile scansare, dove astratto e figurativo dialogano tra loro e convivono mirabilmente divenendo fonte continua di piccoli miracoli artistici.

Sbolci arriva ai nostri occhi alla mente e al cuore, con forza, senza esaltazioni ma senza timori di svelarsi al mondo. Fondatore insieme ad altri del gruppo artistico Portofranco, da cui poi uscì, perseguì l’astratto su tela in modo intensissimo, per poi abbandonare e chiudere con la pittura per un lungo periodo. L’insoddisfazione prima e la fatica della ricerca dopo, gli hanno permesso di affrontare la sua personale evoluzione artistica su un materiale difficilissimo da far convivere con l’astratto, il legno, materiale vivo e nobile ma che nella sua rigidità pare essere antitesi all’astratto. L’Artista Sbolci ha superato i limiti fisici della materia e il risultato è tremendamente coinvolgente. Le forme uscenti dall’ipotetico perimetro rigido dell’opera, gli spazi e gli interstizi all’interno dell’opera stessa, tutto diviene nuova modalità di racconto e di riflessione. L’intervento del fondo che emerge dalle superfici svuotate del materiale di supporto ci porta ad altre dimensioni di lettura e di profondità prospettica. Tutto nelle sue opere è meraviglia da scoprire e ripercorrere in un approfondimento di intuizione e infine di comprensione.

In ogni caso il risultato sarà sempre contraddistinto da un altissimo livello espressivo, emozionale, comunicativo. E da uno stile inconfondibile che lo fa riconoscere senza titubanze nel panorama artistico non solo astratto. I canoni classici della dicotomia astratta, cioè Empatia CON la realtà e Rifiuto, quindi Astrazione, DALLA realtà, sono rispettati in questa continua dialettica di incontro-scontro che è altro fondamentale linguaggio artistico di Sbolci. Questa “firma” è la sua poetica artistica unica: noi riconosciamo nelle sue opere un dialogo continuo tra colori e forme, tra interno e intorno, tra pensiero intimo e realtà circostante, tra ordinamento dello spazio e composizione dinamica, tra rapporto di tempo e di spazio.

Ecco allora che prendono forma e vita un linguaggio artistico e un racconto simbolico che vanno a muoversi su più livelli di costruzione e quindi di lettura, e su più livelli interpretativi. Le sue opere “prendono sostanza pulsante” partendo da un centro di pensiero misterioso ma lucido e analitico, per poi evoluire e palesarsi in opere ricche di movimento plastico e di masse cromatiche equilibratissime seppure quando apparentemente scomposte nei piani di lettura geometrici.

I Totem pittura-scultura di Sbolci affascinano e stupiscono. Questo resterebbe un semplice slogan se l’affermazione non fosse sostenuta dal suo “credo” artistico. Sbolci riesce, come un moderno demiurgo, nell’intento di ordinare il suo universo dopo averlo pensato e creato, dandogli una forma interpretabile e una sostanza cromatica. Palesando così la sua enorme sensibilità astratta, riesce a unificare gli estremi, unendo quindi partecipazione e astrazione, empatia e rifiuto. La genesi dell’astrattismo è rispettata perché sentita e vissuta profondamente, ma è nel contempo portata ad una nuova, potente e affascinante dimensione artistica. La crisi di pensiero dell’Artista non l’ha annichilato, ma dentro di sé l’Artista ha trovato la sua nuova linfa creativa, riuscendo a portare nel nuovo millennio un codice pittorico astratto assolutamente dialogante con la nostra epoca.

Questa risultati rappresentano un’alchimia enorme. Basterebbero. Ma l’instancabile sperimentatore sta lavorando su nuove forme di supporto, e cosa facile a succedere con un’Artista che fa di ricerca, irrequietezza e pulsione a superarsi la sua forma articolata e complessa di pensiero artistico, Sbolci ci riserverà nuove sorprendenti visioni astratte, in cui indipendentemente dai supporti usati, si rivelerà il suo rispetto per il complesso linguaggio astratto-figurativo che sta elaborando.

Torino, il 22 – 01 – 2018 Michele Franco

 

 

MODALITA’ TECNICHE ESPRESSIVE

“Se Ingres ha posto ordine alla quiete, io vorrei, al di là del pathos, porre ordine al movimento”. Ernst Paul Klee, grande interprete dell’astrattismo, intendeva l’arte come un preciso discorso sulla realtà, e non solo come “riproduzione” della realtà. Questo pensiero nitido e complesso, assolutamente sincero, è la via che Sbolci percorre da sempre.

Abbandonate le tele e gli oli, ha trasportato il suo mondo, o meglio, la sua visione del mondo e della realtà coniugata attraverso l’astratto, sulla tavola lignea, sagomata e lavorata come fosse materiale plastico. Forandola come fece Fontana con le tele, muovendone bordi e superfici interne alla ricerca della plasticità, non stando nella volumetria di un Mastroianni ma cercando quel connubio tra pittura e scultura e rapporti dimensionali che fanno divenire le sue opere e i suoi Totem una “terza via” espressiva. L’olio ha lasciato il posto al pastello e alla matita acquerellabile, utilizzati con maestria e leggerezza, con intensità o delicatezza, e con un risultato astratto e di profondità di segno molto interessante. La matericità ha lasciato posto a campiture di stratificazioni cromatiche leggere che senza spessori arrivano a evidenze coloristiche anche intense quando non urlate, oppure al contrario molto tenui, e in ogni caso sempre elaborate in modo astratto.

Le definizioni e le separazioni delle campiture cromatiche nette, effettuate con tratti neri o molto scuri sia abbozzati che marcati, i volumi ascritti a piani di composizione e di lettura, l’iterazione di segni e segmenti, la successione di linee curve e spigolosità, le alternanze di gamme estese di cromie: tutto contribuisce a restituire profondità e dinamismo alle tavole senza mai perdere di vista ricerca e riproposizione della personale interpretazione dell’astratto che Sbolci persegue.

Al fruitore le opere di Sbolci offrono così uno straordinario risultato di lettura, che vede sviscerato ed esaltato tutto il senso della ricerca di quel “movimento ordinato del caos” e il dialogo che l’artista compie nell’incontro-scontro tra pieni e vuoti, tra assenza e essenza, tra interno ed intorno. Un dialogo sentito e profondamente vissuto e sofferto, ma esposto in maniera gioiosa, “danzando” sulla tavola lignea come a volteggiare sul palcoscenico della realtà.

Un confronto teso e costante, sincero e colmo di domande sulla realtà che lo circonda o che lo colpisce e sulla Vita nell’accezione più vasta del termine, con spunti improvvisi, riflessioni, punti interrogativi, dubbi che Sbolci esprime con sincerità, sdrammatizzando con la sua ironia toscana le brutture, e in definitiva materializzando in Arte il suo personale pensiero di Uomo ed Artista.

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Michele Franco [Torino, 25 gennaio 2018]

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